Quante volte ci è capitato di essere chiamati o di sentire la responsabilità di dover agire per conto di un altra persona? Quante volte abbiamo firmato moduli, lettere o fatto richieste per conto di un nostro familiare, amico in totale buona fede ed in forma del tutto disinteressata?
Sicuramente molte volte ma forse non sai che questo è stato possibile farlo o perchè erano cose di poca rilevanza sul piano giuridico o perchè l’altro interlocutore era un po’ distratto e non ha verificato la tua vera identità o meglio ha fatto di finta di non saperlo; ma se ti fossi trovato di fronte ad un interlocutore più scrupoloso o ad eseguire impegni di “maggiore spessore” avresti certamente fallito nel tuo intendimento. Perchè? Perchè per compiere determinati atti la legge impone che la “delega” o meglio il mandato ad agire per conto dell’altro debba possedere alcune caratteristiche: firma autenticata, certezza sulla data, certezza che il soggetto che l’ha prestata sia nelle piene facoltà mentali e nella piena libertà di agire. Quello di trovarsi nella situazione di dover prendere delle decisioni e fare delle cose nell’interesse di un altra persona sembra che coinvolga poche persone ed invece è qualcosa di molto ma molto diffuso; vediamo i casi più frequenti per i quali si ha necessità di affidarsi ad un altro: ci si deve allontanare per un periodo piuttosto abbastanza lungo dal luogo dei propri interessi; ci si deve ricoverare per cure che prevedono una scarsa mobilità; carcerati; minori; ovviamente a questo elenco vanno aggiunte le persone affette da malattie fisiche o mentali che li rendono poco o per niente autonomi; sembrerà strano ma messi tutti insieme stiamo parlando di milioni di famiglie.
Una storia vera, un esempio concreto dei danni che si possono procurare se non si fanno le cose fatte bene
Vi raccontiamo un caso reale che ci è capitato di cosa significa trovarsi in questa situazione; di quali drammi possano accadere quando le cose sono gestite in modo non corretto. Una nostra cliente ha un fratello con grave infermità mentale; ad un certo punto è venuto a mancare il padre, il quale aveva un patrimonio ingente ma intestato solo a lui; per anni i tre hanno tirato avanti con le due pensioni, quella del fratello invalido e della mamma, malgrado disponessero di risorse molto rilevanti; poi è venuta a mancare la mamma e da li a poco questi due signori si sono trovati nell’indigenza malgrado disponessero di un patrimonio da far invidia a molte persone; disporre di centinaia e centinaia di migliaia di euro e non poter toccare un centesimo sembra qualcosa di incredibile, ma vero! ….strano? o non c’è nulla di strano; semplicemente per prelevare deve avere il consenso dell’altro erede che però non è nelle condizioni di prendere delle decisioni…..grazie al nostro intervento la situazione adesso si è stabilizzata, ma che sofferenza e quanto tempo ci è voluto. Alla luce di questa esperienza come si sarebbe dovuto agire?
In primo luogo in genitore che ha un po’ di sale nella zucca non deve essere l’unico intestatario, almeno che non ci siano ragioni specifiche; in questo modo in caso di necessità l’altro potrebbe comunque disporre delle disponibilità finanziarie; in secondo luogo conoscendo la situazione del figlio ed avvicinandosi ad una certà avrebbe dovuto attivare le procedure per nominare la sorella almeno amministratore di sostegno se non la tutrice del fratello.
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Ed allora cosa ci mette a disposizione lo stato per queste circostanze? Ci sono diverse possibilità
- procura speciale; è una delega sottoscritta di fronte al notaio nella quale un soggetto affida ad un altro soggetto di fare una certa cosa per proprio conto ad esempio vendere o acquistare un determinato immobile e solo quell’immobile; la procura è esclusivamente finalizzata a quella determinata operazione
- Procura generale. In questo caso un soggetto da un altro soggetto i più ampi poteri di agire per proprio conto nei limiti indicati nella procura stessa; se quindi non vi sono limiti il procuratore rappresenta di fatto colui che gli ha conferito tale potere in tutto e per tutto. Un esempio può essere quando un amministratore conferisce ad un terzo la possibilità di sottoscrivere contratto fino ad un certo valore; in questo caso non è specificato quale contratto ma solo che non può superare una certa soglia
E’ evidente che in questi due casi c’è una precisa volontà di colui che conferisce i poteri, volontà che deve essere accertata dal notaio; inoltre gli effetti giuridi cadono tutti su colui che ha conferito la delga.
Ben diversa è nel caso in cui il soggetto che conferisce i poteri non sia nelle condizioni di dichiarare la propria volontà. In questo caso il notaio, ma poi vedremo che c’è qualche eccezione, può far poco in quanto l’unico soggetto deputato ad intervenire è il tribunale che tramite un giudice può nominare un amministratore di sostengo oppure nei casi più gravi emette una sentenza di interdizione del soggetto e un tutore. Vediamo le differenze sostanziali: nel primo caso l’amministratore può solo agire per l’ordinaria amministrazione, nel secondo caso invece assume tutti i poteri di rappresentanza senza alcuna limitazione.
Avviare la procedura di amm.tore di sostegno è una sana ed appropriata iniziativa quando si devono gestire le cose per conto di un altro per un tempo abbastanza lungo è una pratica tutto sommato relativamente semplice e non eccessivamente costosa; ben diversa è invece la procedura che prevede l’interdizione o l’inibizione, in tal caso le cose si fanno lunghe, complesse ed onerose.
Tuttavia per venire incontro alle esigenze dei cittadini la riforma Cartabia introdotta di recente consente anche ai Notai la possibilità di autorizzare determinati atti di straordinaria amministrazione agli amministratore di sostegno in alternativa al giudice tutelare assegnato dal tribunale; tale argomento verrà meglio analizzato quando tratteremo dell’argomento come ” Volontaria Giurisdizione”
Se vuoi saperne di più sull’amministratore di sostegno e come BBSPRATICHE può aiutart